Ipocrisia di Stato

di Sabrina Giannini Fonte: www.report.rai.it


Dietro il tabacco si cela uno dei più evidenti conflitti di interesse nello Stato italiano che guadagna dalle imposte sul tabacco il 74 per cento del costo del pacchetto. Inoltre lo Stato italiano incassa anche la percentuale destinata al produttore (16 per cento) nel caso in cui la sigaretta venduta è quella prodotta dal Monopolio di Stato.
Grazie alle tasse delle sigarette nel 1999 sono entrati nelle casse dell'erario 17 mila miliardi.
Il Monopolio di Stato da pochi mesi si è trasformato in Ente Tabacchi Italiani (ETI), sempre statale ma che ha avviato alla privatizzazione la struttura della manifattura di Stato.
A proposito di sprechi: per rendere competitiva la struttura aziendale l'ETI ha dovuto fare numerose potature al personale chiudendo alcune manifatture. Come dichiarato dagli stessi dirigenti dell'ETI in Italia 14 stabilimenti producevano tanto quanto viene prodotto in un solo stabilimento della Philip Morris in Olanda. Ora gli stabilimenti sono quasi dimezzati e gli addetti in esubero spostati altrove. Spesso si sente dire da parte degli operatori del settore che il tabacco crea lavoro.

Dal Rapporto sulla filiera del tabacco stilata da NOMISMA
Addetti coinvolti: 307.000 unità
di cui: 135.000 agricoltura
15.000 prima trasformazione
5.600 manifattura
147.400 distribuzione

Di fatto vanno ridimensionate le cifre, sia per gli esuberi di cui ho già parlato sopra, sia per gli addetti alla coltura e trasformazione del tabacco che vengono contati come se le loro economie familiari dipendessero unicamente dal tabacco, mentre moltissimi di loro sono stagionali e precari.
Il fatto che il tabacco crei posti di lavoro è una teoria che spesso ne legittima l'esistenza. Ben poca evidenza viene data al fatto che il tabacco contiene una droga (la nicotina, catalogata come tale dalle autorità sanitarie mondiali più importanti), che questa droga andrebbe venduta in farmacia come sostanza stupefacente, e che questa sostanza genera nel giro di poche settimane dipendenza, e che questa dipendenza induce a fumare oltre alla nicotina una quantità di catrame che provoca la morte (prematura, di 10-15 anni) a 90.000 persone ogni anno in Italia.
Lo Stato evidentemente preferisce le entrate immediate (i tabaccai a cui spetta il 10 per cento del costo del pacchetto, pagano settimanalmente alla consegna della merce il prezzo integrale delle sigarette che acquistano) senza tenere conto dei costi sanitari che a lungo termine il vizio del fumo provoca. Tra cure per il cancro, asma, bronchiti e giornate lavorative perse la spesa sanitaria determinata dal fumo ammonta a circa 17.000 miliardi l'anno, che corrisponde più o meno alla cifra che lo Stato incassa con le tasse sulle sigarette.
Eppure l'unica droga di stato, la nicotina, non solo viene accettata ma spesso mitizzata dalle industrie che ne traggono profitto economico. Tra queste industrie c'è ancora il Monopolio di Stato, che, per ora, ha soltanto cambiato il nome.

LASCIATE CHE I FUMATORI FUMINO
L'ipocrisia di Stato è evidente nel momento in cui ci sono interessi che si scontrano: un ente statale produce e specula su qualcosa che danneggia la salute.
La priorità di avere nelle casse dell'erario il denaro contante regalato dai fumatori ha trasformato il nostro Stato in una sorta di protettore di questi ultimi, che godono della libertà di fumare praticamente ovunque, anche laddove sarebbe vietato per legge, viste le multe irrisorie attualmente in vigore (dalle quattro alle diecimila lire) e soprattutto vista la limitata attività sanzionatoria verso i trasgressori. Liberi di intossicare chi, invece, non è libero di respirare aria senza catrame. Singolare che l'Europa non sia in linea con le autorità sanitarie americane che considerano ufficialmente cancerogeno anche il fumo passivo.
La riforma Veronesi, l'attuale Ministro della Sanità, tenderebbe proprio a tutelare la salute dei non fumatori. Va detto che esiste già una direttiva del 1996 voluta dal ministro Guzzanti, che prevede il divieto di fumo anche nei bar e ristoranti e negli uffici pubblici e privati. Senza sprecare tanto fiato e martirizzare i fumatori che entrano facilmente nel ruolo dei perseguitati, sarebbe bastato applicare la direttiva Guzzanti. Se l'obiettivo fosse stato davvero quello di salvaguardare la salute dei non fumatori, ovviamente.

PREVENIRE SIGNIFICA NON GUADAGNARE
Una volta approvata (e se mai verrà approvata) la riforma del ministro-oncologo potrebbe avere comunque un significato culturale di notevole importanza che legittimerebbe una volta per tutte l'assunto che la libertà del fumatore non può danneggiare la salute di chi non fuma.
D'altro canto è lo Stato che ha permesso ai fumatori di sentirsi liberi di fumare, anche nei luoghi chiusi. La maggior parte dei politici (per ignoranza, per interessi pubblici, e chissà se anche privati) e i mass-media hanno spinto per decenni la mentalità distorta del fumo come una semplice e perdonabile espressione comportamentale umana naturalmente viziosa, mai sottolineando la difficoltà ad uscirne, e la gravità dello "spaccio" di nicotina, quindi della sostanza che crea dipendenza, voluto dallo Stato. Per convenienza, s'intende. Prova ne è il fatto che l'unica vera battaglia che potrebbe salvare la vita a migliaia di persone in Italia e milioni nel mondo non si gioca sulla repressione o sulla proibizione (che come ben si sa stimola il comportamento trasgressivo) ma sul campo della prevenzione. Che nessun paese ha mai fatto, né a livello di governi centrali né di comunità di nazioni. Infatti l'unica causa di morte in ascesa nel mondo è il tabacco, unitamente all'AIDS. Ma nel 2010 il tabacco resterà da solo in testa alla macabra classifica. Non perché l'uomo è vittima dei vizi in modo naturale, ma perché lo spaccio della nicotina è legittimato, e incentivato, dagli Stati.

VIETATO AI MINORI, ANZI NO
Sui pacchetti andrebbe scritto: "vietata la vendita ai minori". Perché la legge vigente, ovvero il Regio decreto 24 dicembre 1934 n.2816, prevede la proibizione della vendita di tabacco ai minori di 14 anni. Età che a quei tempi poteva anche coincidere con l'inizio di una vita lavorativa, quindi adulta. Oggi non è più così. La legge non si è adeguata ai tempi. E soprattutto sui pacchetti compare la scritta impropria e ambigua "I giovani non devono fumare". E' una raccomandazione, tardiva. La cattiva abitudine di vendere ai minori è la norma. La multa ridicola (200.000 lire). Potrebbe essere una caccia al tesoro interessante cercare un tabaccaio tra i 10.000 sparsi in Italia che sia stato multato per avere trasgredito al Regio decreto.

La FIT (Federazione Italiana Tabaccai) sta distribuendo presso i tabaccai un adesivo dove compare una scritta del tipo "Io non posso vendere se hai meno di 16 anni e tu non puoi comprare".
La prima volta che ho cercato un tabaccaio che trasgrediva l'ho trovato.

Sarebbe meno ipocrita non imporre divieti.
Invece lo Stato incentiva la vendita dei tabacchi ai minori.
Perché legittima l'installazione di macchine distributrici automatiche, che sono fuorilegge, visto che le sigarette possono essere acquistate da tutti, anche se viene scritto che la vendita è vietata ai minori di 14 anni (si decidano sull'età limite).

L'ex ministro Rosy Bindi legittimamente rilevò il conflitto tra la scelta di autorizzare le macchinette e la tutela della salute pubblica e soprattutto dei minori e il 17 dicembre 1998 chiese ufficialmente al ministro delle finanze una revoca delle autorizzazioni alle installazioni delle macchinette.
Negli ultimi due anni le macchinette sono aumentate in modo esponenziale.

LA PREVENZIONE, I GIOVANI E I VENDITORI DI FUMO
La prevenzione deve essere diretta ai giovani. Perché l'82 per cento dei fumatori prende il vizio durante l'adolescenza e il numero di giovani che iniziano a fumare è in crescente aumento (fonte: Lega Italiana Contro i Tumori).
Ma quale prevenzione ha fatto lo Stato italiano per disincentivare i giovani a iniziare a fumare?
Nessuna a livello di campagne di opinione. Nessuna a scuola.

Ho richiesto al Ministero della Sanità la cifra a sua disposizione per programmi di prevenzione.
Ecco una sintesi della risposta circa i "Finanziamenti lotta al tabagismo" giunta dal Dipartimento della prevenzione, Ufficio VI del Ministero, dipendenze da farmaci e sostanze d'abuso e alcool (la situazione è quella attuale, la riforma Veronesi prevede stanziamenti per la prevenzione al fumo nei giovani):
La legge 22 febbraio 1983, N.52, la quale stabilisce che "la propaganda pubblicitaria di qualsiasi prodotto da fumo, nazionale od estero, è vietata (senza fare distinzioni tra pubblicità diretta e indiretta) prevede che i proventi della sanzioni amministrative...", irrogate per infrazione alla medesima, affluiscano "ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della Sanità, per essere destinati all'informazione ed all'educazione sanitaria, nonché a studi e ricerche finalizzati alla prevenzione delle patologie da fumo".

L'ufficio VI del Dipartimento della Prevenzione, che riceve per conoscenza le segnalazioni del Ministero delle Finanze al Comando Generale della Guardia di Finanza, circa le infrazioni alla norma di divieto della pubblicità dei prodotti di tabacco, anno per anno, non ha visto affluire al suddetto capitolo somme che permettessero negli ultimi anni, la realizzazione di specifiche attività di ricerca e prevenzione.

Questa non è ipocrisia di Stato, ma qualcosa di inclassificabile.
1- Si promulga una legge secondo la quale la pubblicità diretta e indiretta ai tabacchi è vietata per legge.
2- Si prevede che la prevenzione e la ricerca per la lotta al tabagismo debba finanziarsi con le sanzioni pecuniarie che dovrebbero essere pagate dai trasgressori. Ci sarebbe già molto da obiettare sul fatto che la prevenzione venga così poco programmata dal Ministero, facendola dipendere da una variabile esterna e non da una seria programmazione. La faccenda andrebbe interpretata così: chi pubblicizza paga affinché lo Stato controbilanci l'informazione dicendo la sua sul pericolo del fumo.

Qualcosa non torna. Le scritte delle sigarette compaiono ovunque, mentre le campagne di prevenzione sono inesistenti.
Questo potrebbe dipendere dal fatto che:
1- non si applica la legge circa il divieto di fumo e non vengono applicate le sanzioni
2- vengono applicate le sanzioni ma sono ridicole

Il punto uno e due sono entrambi probabili. Nel primo caso i fatti confermano il "lasciare stare" i fumatori e i trasgressori. Nel secondo parla il fax di risposta del Ministero della Salute.

Basta guardarsi intorno per vedere quanto viene poco rispettata questa legge sul divieto di pubblicità. Le multinazionali del tabacco sponsorizzano uno degli sport più popolari e seguiti dai giovani, la Formula Uno. Si dice che per diritto di cronaca non si può fare a meno di trasmettere i gran premi. Ma ci chiediamo come mai alcuni paesi vietano alle scuderie di mostrare i loro marchi durante il GP, come in quello che si corre in Francia.
Troppi interessi? La legge viene presa in giro da quasi tutti i mass-media. Rai in primis.

Ennesima conferma dell'ipocrisia di Stato è la sponsorizzazione della moto Aprilia da parte dell'ETI (Ente Tabacchi Italiani). Sulle moto sfreccianti si è recentemente vista la scritta MS.
Anche sul petto di campioni di motociclismo, miti giovanili, compaiono le marche di sigarette, per esempio su quello di Max Biaggi quello della Marlboro. Che ogni volta che vince passa in tutti i telegiornali e giornali in primo piano, sorridente. Lui e il suo sponsor.

Troviamo negli archivi della RAI una trasmissione celebrativa sulla Ferrari condotta da Bruno Vespa. Che avrebbe dovuto rispettare una legge italiana e non quella di mercato e chiedere di eliminare dalle Ferrari, dai caschi, da tutto (perché era ovunque) il marchio "Marlboro". Certe apparizioni televisive servono soprattutto per il bene degli sponsor, evidentemente. Sprezzanti della legge italiana. O ci si può appellare anche in questo caso al diritto di cronaca? La Philip Morris, padrona del marchio "Marlboro", è lo sponsor principale della casa di Maranello (136 miliardi l'anno, mentre la Reetsma tedesca proprietaria del logo West versa 77 miliardi alla scuderia McLaren, la British American Tobacco spende 157 miliardi per la Bar della scuderia di Villeneuve, la Seita francese, con le Gauloises, versa 46 miliardi alla Prost, e via dicendo)?
E come giustificare i giornali che "facendo cronaca" inseriscono sempre foto dove sono bene in vista i marchi di sigarette? Basterebbe poco per evitare questa sponsorizzazione "indiretta". E' leggerezza o calcolo? Le multinazionali del tabacco sono, appunto, multinazionali. Quindi comprano, o potrebbero farlo, spazi pubblicitari per gli "altri" prodotti che producono, quelli che si possono "lecitamente" pubblicizzare. Basta pagare. Insomma, i buoni inserzionisti vanno trattati con riguardo. Speriamo che non venga fatto infrangendo con intenzione una legge dello Stato.
Vorremmo credere sia soltanto leggerezza.

D'altro canto le multinazionali del tabacco hanno da sempre attivato raffinate campagne marketing al fine di mitizzare il fumo, per renderlo un comportamento umano "figo", da adulto, utilizzando i miti del cinema e dello sport.
Come sono stati abili i produttori di sigarette a mitizzare il fumo (per certi versi giustificati dall'imperativo del lucro che le aziende hanno), così gli amministratori avrebbero potuto attivare controffensive altrettanto valide. Non proibendo (niente come proibire spinge i giovani a trasgredire) ma smitizzando il fumo. In Canada una campagna pubblicitaria che associa il fumo alla reale riduzione della potenza sessuale ha fatto diminuire il fumo giovanile più di qualsiasi campagna proibizionista. Al servizio delle potenti multinazionali ci sono i migliori esperti e mezzi di persuasione.

PUBBLICITA'... IN PROGRESSO
La Comunità Europea è stata capace di formulare una direttiva (la 98/43) che sancisse la definitiva cessazione di pubblicità dirette e indirette.
Ecco alcune sezioni di articoli della direttiva (che, una volta votata, avrebbe obbligato tutti gli Stati membri ad allinearsi):
- Dall'articolo 2
circa la definizione dei termini: la " sponsorizzazione" è qualsiasi contributo pubblico o privato a un evento o ad una attività che abbia lo scopo o l'effetto, diretto o indiretto, di promuovere un prodotto da tabacco.
Articolo 3, comma 1: "E' vietata nella comunità ogni forma di pubblicità o si sponsorizzazione".

L'annullamento della direttiva comunitaria è stata chiesta dal quella nazione che si giudica "civile": la Germania. Bastava un solo paese membro contrario per attivare la richiesta di annullamento. Nel ricorso è stato sottolineato il fatto che la direttiva precludeva il commercio di beni e servizi.
La direttiva 98/43 è stata annullata dalla Corte di Giustizia il 5 ottobre 2000 (due anni dopo la presentazione della direttiva).

In base a una sentenza spagnola e a precedenti accordi comunitari le sponsorizzazioni ai tabacchi nella Formula Uno dovrebbero scomparire entro il 2006. E' doveroso, visti gli interessi colossali e i precedenti, usare il condizionale. Quando uscì la direttiva 98/43 tutti gli organi di stampa davano per scontato che la direttiva venisse presto recepita dagli stati membri.

L'IPOCRISIA EUROPEA E IL TABACCO ITALIANO
L'ex Monopolio di Stato (attuale ETI) produce sigarette e sigari made in italy, produce sotto licenza alcune sigarette di marca straniera, e distribuisce sul territorio nazionale tutto ciò che viene fumato.
Parte del tabacco contenuto nelle sigarette italiane e in misura inferiore quello contenuto nelle estere viene coltivato in Italia, che è il più grande produttore europeo. Tra le regioni tabacchicole ha il primato di produzione la Campania. Ma importanti produttori sono anche l'Umbria, la Puglia, la Toscana (che produce anche il tabacco di fascia per il sigaro), il Lazio e il Veneto.
Negli ultimi anni molte colture tradizionali (come il pomodoro nella zona avellinese di Montorso Inferiore da noi visitata e riportata nel servizio) sono state sostituite dal tabacco.
La ragione è economica: il tabacco infatti è una delle colture che gode dei più alti contributi dell'unione europea.
Per farvi un esempio: su un valore di mercato di una qualità di tabacco che vale 60 mila lire circa al quintale il premio CEE può anche raggiungere 400.000 lire. Ma a seconda della varietà di tabacco si possono raggiungere cifre al quintale di 1.200.000 lire.
Chi coltiva tabacco, insomma, ha la certezza di vendere il suo prodotto, all'ETI e agli stranieri.
Va detto che il tabacco necessita di molte cure sia in fase di coltivazione che trasformazione. E' la giustificazione che i produttori accampano per giustificare un premio così alto. Ma è chiaro che la volontà politica europea è semplicemente quella di incentivare un prodotto europeo a scapito di quelli (sempre più invadenti e presenti) provenienti da altri paesi. Ma ancora una volta la ragione economica prevale sulla coerenza e l'etica. L'introduzione di norme antifumo che con difficoltà l'UE introduce sono paraventi dietro i quali si celano le manovre che contano.

TABACCO AL PESTICIDA
Si potrebbe affermare che se il tabacco viene coltivato in casa Europa la qualità può essere più garantita, soprattutto se si pensa all'uso di fitofarmaci da noi vietati che paesi del Terzo Mondo usano per le coltivazioni. Ma i fumatori italiani devono sapere che anche il tabacco italiano (e non solo) è irrorato di pesticidi. Pesticidi che ovviamente vengono poi fumati, unendosi alle altre sostanze dichiaratamente cancerogene. Una produzione "bella", dove la foglia non è rovinata da afidi e pulci, viene pagata di più al mercato. L'uso di pesticidi per trattamenti preventivi e di cura sono quindi notevoli al fine di proteggere le foglie, ma non l'ambiente, le falde acquifere, l'aria delle zone tabacchicole. Quindi a rimetterci in salute è l'ambiente e anche chi non fuma.
Certo, esiste una regolamento comunitario che incentiva gli agricoltori a sostituire quando possibile i prodotti chimici con quelli meno dannosi per l'ambiente: si chiama lotta integrata.
Chi la fa prende più soldi ancora, come premio perché rispetta l'ambiente. Pare la facciano in tanti. E perché non dovrebbero? Continuano a buttare i pesticidi quando è necessario? Gli stessi disciplinari regionali relativi alla 20/78 (ovvero uno schema di massima che suggerisce ai coltivatori i trattamenti consentiti e quelli alternativi a minor patto ambientale) sembrano non rispettare l'obiettivo del regolamento che è quello di sostituire quando possibile gli antiparassitari chimici con quelli biologici.
L'agroecologo da noi consultato, Giuseppe Altieri, ha rilevato che (per fare un esempio) nel disciplinare umbro non vengono privilegiati i metodi alternativi a minor impatto ambientale come il solfato di rame. Forse per incompetenza, forse per non danneggiare il mercato ricco dei pesticidi.
Quindi la lotta integrata che gode dell'alto premio della CEE potrebbe essere solo di facciata. Quindi una truffa (stiamo indagando a proposito e ritorneremo su questo argomento in un prossimo servizio).
Ovviamente tutto accade per prendere dall'Unione Europea più contributi di quanti già non ne vengano dati: circa 600 mila lire in più per ogni ettaro coltivato.
Va detto che i soldi per i contributi all'agricoltura, l'UE li prende dalle nostre tasche e da quelle degli altri cittadini dell'unione.

Tra le altre cose la lotta biologica sembrerebbe dare ottimi risultati sul tabacco. Abbiamo visto ad Anghiari (provincia di Arezzo) i campi coltivati di Kentuchy, il tabacco usato per i sigari toscani. I campi sono quelli del signor Cimbolini che si è prestato per la sperimentazione della coltivazione biologica di quella varietà di tabacco che è tra i più irrorati di pesticidi perché la foglia esterna (detta di fascia) viene utilizzata per "fasciare" il sigaro, ma quella foglia per essere pagata più di qualsiasi altro tipo di tabacco, deve presentarsi senza un buco provocato dalle pulci. Quindi è una guerra agli afidi e alle pulci che rovinano le foglie. Una guerra chimica.
Ovviamente chi incentiva il tabacco non pensa alle drammatiche conseguenze ambientali provocate da questa coltivazione.

Se si pensa poi che il Ministero della sanità, ripeto il ministero che dovrebbe tutelare la salute e che fa le leggi contro il fumo che fa male, per regolamento della Comunità Europea avrebbe dovuto revisionare alcuni pesticidi usati in agricoltura, quelli sospettati di essere più tossici. E non l'ha fatto. l'Italia è così l'unico paese membro dell'unione europea a disattendere il regolamento.

Per informazioni generali e per saperne di più sulle tecniche di tabacchicoltura biologica:
Dottor Giuseppe Altieri: "Agernova, Agroecology in action"
http://www.edisons.it/homepage/newager

ENTE TABACCHI ITALIANI (ETI)
www.entetabacchi.it

 

IL CONSUMATORE PIU' MALTRATTATO

Sulle confezioni dei cibi e dei prodotti cosmetici vengono riportati diligentemente gli ingredienti. Sui pacchetti di sigarette no. Per esempio non viene neppure riportato che circa il 20 per cento del contenuto delle sigarette è rappresentato dagli additivi (sono circa 600 sostanze aggiunte al tabacco). Tra queste sostanze aggiunte ci sono anche quelle che inducono alla dipendenza (vedere a tal proposito la sezione sugli Stati Uniti che segue. Basta entrare nei siti delle grandi multinazionali americani per avere la lista, che riporta l'elenco delle sostanze omettendo spesso informazioni fondamentali). Nel fumo di tabacco sono contenute più di 4000 sostanze tossiche. Chi fuma un pacchetto al giorno assorbe in un anno l'equivalente di una tazza di catrame e in 20 anni 6 chilogrammi di particelle di polvere. Nicotina, condensati (catrami o bituminosi), monossido di carbonio e certi gas irritanti (ossidi d'azoto, formaldeide, Acroleina, ecc.) sono gli agenti più nocivi nel fumo per la salute.

Se è vero che il fumatore è consapevole del pericolo potenziale del vizio del fumo, è anche vero che non gli viene spiegata l'origine dei pericoli, che sono:
1- la nicotina, che è una droga. Quella che genera la dipendenza, ovvero l'incapacità di smettere, fatale per il 50 per cento dei fumatori assidui (una riduzione di vita dai 10 ai 15 anni).
2- il condensato che è ciò che rimane dalla combustione del tabacco e degli additivi, è la componente pesante, per intenderci il catrame, che in parte viene trattenuto dal filtro, in parte entra nei polmoni di chi fuma. La percentuale di catrame dipende dalla varietà di tabacco, più o meno forte, ma anche dal modo di aspirare la sigaretta e la frequenza delle boccate.

 LA SMOKING-MACHINE: OVVERO COME MENTIRE AI FUMATORI
Le uniche due informazioni presenti sul pacchetto sono le avvertenze circa i pericoli per la salute (che servono più che altro a tutelare legalmente i produttori che, se coinvolti in processi, possono sempre pararsi dietro un "noi lo avevamo detto") e i livelli di catrame e nicotina contenuti in ogni sigaretta.

L'Europa ha posto un limite massimo di 12 mg (quasi tutte le marche hanno un campionario si sigarette forti che raggiungono il limite massimo e varietà che stanno sotto questo limite). Anche i livelli di nicotina vengono fissati, e se si nota bene, sono circa il 10 per cento del catrame (perché è questa la normale proporzione).

L'avere posto dei limiti lascia presupporre che superarli potrebbe nuocere alla salute. Le norme prevedono che sul pacchetto vengano riportati il contenuto per sigaretta di nicotina e condensato. I valori vengono misurati facendo fumare una macchina, la smoking-machine, la stessa usata in tutta Europa, che aspira 35 cc di fumo in 2 secondi ogni 60 secondi, facendolo passare attraverso un filtro sul quale si deposita il condensato (quello che aspirerebbe il fumatore). In Italia è il Monopolio di Stato a controllare a turno i livelli di tutte le sigarette in commercio, comprese quelle che produce. Quindi colui che dovrebbe essere controllato è anche il controllore. Ma questo è un problema secondario. Quello primario sta nella procedura. Il quale prevede che il simulatore "fumi" con un tiraggio e per un numero di volte prestabiliti. Lontani dalla realtà.

Lo ha recentemente provato il Professor Giuseppe Lazzarino (ordinario di biochimica all'università di Catania) insieme a ricercatori dell'Università di Tor Vergata e del Cnr di Roma durante uno studio sperimentale condotto sull'efficacia di un nuovo filtro inserito nel tradizionale filtro di cellulosa. Questo filtro sembrerebbe capace di trattenere il 98,5 per cento del condensato. Ma dalle analisi condotte pesando questi filtri la percentuale di condensato trattenuto (quello in pratica non aspirato) si è scoperto che gli 80 fumatori volontari sottoposti all'esperimento non fumano affatto come la smoking-machine. Il 25 per cento di loro aveva prodotto una quantità di condensato, trattenuto dai sistemi filtranti, ben superiore al valore scritto sul pacchetto, nel 5 per cento dei casi anche tre volte tanto. E' evidente che il modo di fumare "umano" è diverso da quello simulato. I fumatori dovrebbero sapere che quei livelli sono parametri "medi" (informazione che gli viene negata) e che il loro modo di fumare condiziona enormemente la quantità di sostanza cancerogena che aspirano.

 LE SIGARETTE AMERICANE, ANZI ITALIANE
In seguito alle vicende giudiziarie statunitensi il ministro Alfonso Pecoraro Scanio ha dichiarato che l'Italia dovrebbe chiedere, così come ha fatto Bill Clinton, un risarcimento per danni alla salute alle multinazionali americane che hanno manipolato le sigarette al solo fine di aumentare la dipendenza. Il Monopolio di Stato invece non avrebbe mai manipolato il tabacco delle sue sigarette. Ma chi lo ha detto? L'ho chiesto ai diretti interessati (gli eredi del Monopolio, i responsabili dell'ETI).
Avrei voluto avere la risposta alle questioni che seguono o una intervista chiarificatrice:
- la lista degli additivi,
- se è stata aggiunta di ammoniaca alle sigarette. Italiane

Non ho avuto alcuna risposta scritta, l'intervista e neppure una cortese risposta.

Quindi non sappiamo se il Monopolio ha manipolato le "sue" sigarette, però sappiamo che nei suoi stabilimenti ha prodotto e produce sigarette straniere su licenza. Chi produce potrebbe non sapere delle manipolazioni, almeno a detta del dottor Farone. Dipende dall'accordo che ha stipulato la Philip Morris con il Monopolio (e con tutti coloro che producono le sue sigarette su licenza). Con un altro fax chiedo all'ETI di mostrarmi l'accordo o riferirmi gli estremi. Nessuna risposta. La faccenda è fondamentale, perché se anche il Monopolio (l'ETI) fosse a conoscenza da tempo dei sistemi manipolatori delle multinazionali americane la complicità sarebbe evidente.

E ancora una volta il fumatore è l'ultimo ad essere tutelato. Non riusciamo a capire come mai alcuni politici gridano contro le lobbies americane senza guardare in casa propria e soprattutto al fatto che l'Italia produce ancora su licenza le sigarette "manipolate". Le continua a produrre sebbene la vicenda americana del giuramento collettivo dei big manager del tabacco e le denunce degli insider che li hanno incastrati risale a quattro anni fa. Quattro anni nei quali nessun politico si è attivato a bloccare questa produzione su licenza. Quindi chi ha iniziato a fumare in questi quattro anni, il giorno in cui si ammalerà a chi dovrà fare causa: a chi ha inventato la sigaretta manipolata, o a chi l'ha prodotta, sapendo?

Per informazioni giuridiche: CODACONS (Coordinamento delle associazioni di per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori): http://www.codacons.it e-mail: uln@codacons.it Tel. Ufficio legale nazionale 06/3724971

Per chi vuole smettere partecipando ai gruppi di disassuefazione per il fumo organizzati (gratuitamente) dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori: telefonare 02/2663481 (o telefonare alla sede più vicina).

 STATI UNITI ALL'ATTACCO
La battaglia legale contro il fumo negli Stati Uniti sta dando i suoi primi frutti proprio quest'anno. Negli Stati Uniti a differenza dell'Europa le compagnie del tabacco stanno cominciando a perdere i processi che i fumatori intentano per risarcimento danni, come testimoniano le due recenti cause clamorose (in Florida e California). E' innanzitutto la conseguenza della serrata azione antitabacco attuata da Bill Clinton che si è dichiarato nemico numero uno del fumo. Per la prima volta nella storia le compagnie del tabacco sono state oggetto di investigazioni approfondite permettendo l'attivazione del processo legale che ha costretto le compagnie del tabacco a pagare a 51 stati 246 miliardi di dollari rateizzati in 25 anni come risarcimento per le spese sanitarie causate dal fumo.

E' cambiata anche la mentalità dell'opinione pubblica (quindi delle giurie popolari) e all'origine di tutto c'è il giuramento che i big manager del tabacco fecero davanti al Congresso americano quando il 14 aprile del 1996 giurarono all'unisono "A mio parere la nicotina non dà alcuna assuefazione". Nelle mani dei congressisti antilobbies del tabacco c'erano documenti riservati che provavano lo spergiuro. Documenti che un giovane avvocato originario di Chicago aveva dato al deputato democratico Henry Waxman. Quello fu l'inizio del crollo di immagine dei produttori di tabacco americani. L'avvocato è Clifford Douglas, il primo a scoprire gli "insider", i chimici delle compagnie del tabacco come Jeffrey Wigand la cui storia è stata raccontata nel film "The insider". Lo abbiamo incontrato a casa sua, dove lavora, alle porte di Detroit nel Michigan.

 

Riportiamo di seguito l'intervista che è stata trasmessa :

Clifford Douglas
«Quando i 7 top manager delle compagnie del tabacco alzarono la mano e giurarono che secondo loro la nicotina non dà assuefazione più di una tazza di te, alcuni membri del congresso non sapevano ancora tutta la verità, ma io avevo dato ad alcuni di loro documenti che li misero in grado di fare domande imbarazzanti e raccogliere dichiarazioni che avrebbero in seguito dimostrato che i big manager non stavano dicendo la verità.»

D: Si sono accordati tra loro?

R: «Sì, nel 1972, ci fu in un incontro segreto nelle isole Martins nel quale uno dei principali scienziati della Philip Morris, dichiarò ai suoi colleghi delle altre compagnie che il fumo non esisterebbe senza nicotina e che la manipolazione della sigaretta non doveva tanto mirare al gusto ma ad aumentare la dipendenza. E in questi ultimi decenni hanno speso milioni di dollari per raggiungere questo fine.
Questi sono documenti altamente riservati del 1978 mostrano come gli avvocati di una compagnia del tabacco discutono di come tenere nascoste alcune informazioni e documenti. Questi per esempio erano tenuti in studi europei, e non negli Stati Uniti, proprio per evitare che venissero trovati.»

D: Come ha fatto ad entrare in possesso di questi documenti? Li ha rubati?

R: «Alcuni documenti erano quelli che le compagnie del tabacco dovevano mostrare alle corti di giustizia ma erano vincolate dal segreto. Qualcuno da dentro ha violato questo segreto... facendo sapere della loro esistenza. Questo è estremamente illegale ma è una forma di disubbidienza civile che ha permesso di scoprire tante verità. Altri documenti segreti mi arrivavano direttamente a casa o alle associazioni per la tutela della salute... Probabilmente perché ai tempi ero l'unico avvocato che lavorava sul tabacco. E fu per questo probabilmente che mi contattò "Tosse profonda".»

-- Tosse profonda, il nome in codice del primo informatore, un insider come vengono chiamati quelli che lavoravano per le compagnie del tabacco. --

D: Chi è tosse profonda?

R: «Ah, non glielo posso dire. Ci sono soltanto sei persone che conoscono la sua identità... Le posso dire soltanto che era un ricercatore della RJ Reynolds. Era turbato per quello che i suoi ex datori di lavoro stavano dicendo. Ma aveva anche molta paura. Tosse profonda disse una cosa che ai tempi, sentirla, fu impressionante.. Ovvero che le sigarette vengono manipolate per aumentare la dipendenza. Grazie a queste persone adesso siamo a conoscenza del fatto che le compagnie del tabacco sapevano che il fumo dà assuefazione e che avevano una tecnologia avanzata che permetteva loro di manipolare le sigarette. E che avevano due possibilità: una era di rendere le sigarette più sicure, due: di manipolarle al punto da rendere i fumatori più dipendenti dal vizio. E loro hanno deciso per questa seconda strada.»

-- Quel giuramento ha attivato una reazione a catena, suscitando delle crisi di coscienza ad alcuni ricercatori delle compagnie del tabacco americane. La reazione di alcuni di loro fu quella di svelare scottanti verità. Uno di questi oggi vive in California, 50 chilometri a sud di Los Angeles e William Farone, chimico, direttore della ricerca applicata per sette anni alla Philip Morris. Quando nel 1996 la food and drug amministration contattò il dottor Farone lui avrebbe potuto tacere o meglio ancora testimoniare nei processi a favore della compagnia per cui lavorava, come fanno altri suoi colleghi. --

 

Nota: I suoi ex-colleghi che testimoniano a favore delle compagnie del tabacco ricevono consistenti somme come "ringraziamento" per la fedeltà verso la compagnia, a detta di William Farone. Gli "insider" finiscono con l'avere spesso problemi professionali e quasi nessuno è riuscito a rientrare in attività nel campo della chimica. Il dottor Farone è riuscito comunque a creare una sua attività imprenditoriale perché, come ha dichiarato, non ha clienti legati alla Philip Morris.

 

Segue il testo dell'intervista al dottor William Farone

William Farone
«Hanno fatto un prodotto per distribuire una droga, concepito perché la gente la assimili. una droga che però passa attraverso uno strumento che fa male. Le faccio un paragone: alcune persone si drogano iniettandosi la cocaina usando un ago pulito, nel caso del tabacco la gente fuma per inalare nicotina che entra nei polmoni insieme a sostanze cancerogene. è come se si usasse un ago sporco.»

-- Il dottor Farone mostra le manipolazioni utilizzate al solo fine di aumentare la dipendenza. Come l'aggiunta di cacao che libera, con la combustione del tabacco, un alcaloide che si chiama teobromina e che ha un effetto broncodilatatore. --

«Sì, è stato così... ma bisogna fare attenzione, perché inizialmente il cacao e la liquirizia vennero aggiunti per migliorare il sapore. Si sapeva ma in modo marginale dei loro effetti. Ma quando si è capito non è stato detto a nessuno. E sono stati aumentati i dosaggi.»

-- Nel 1996, agli investigatori della fda il dr mostra i documenti in cui si descrive nel dettaglio come veniva studiata la dipendenza dalla nicotina nei laboratori della Philip Morris. Due ricercatori che lavoravano per lui provarono scientificamente quel che fino allora era solo teoria. --

«Hanno fatto un test sui topi, che erano indotti a schiacciare un bottone tutte le volte che volevano la nicotina. I topi si usano anche per studiare la dipendenza dalle altre droghe. Se una sostanza dà assuefazione a un topo ci sono alte probabilità che ciò avvenga anche nell'uomo.»

D: La Philip Morris aveva la possibilità di ridurre la nicotina dalle sigarette?

R: «Ovviamente sì, crearono un prodotto che non ne aveva. si chiamava next, lanciato su l mercato agli inizi degli anni 90. Ma non ha incontrato i favori del pubblico. e questo è ovvio: chi vuole fumare soltanto per ingerire fumo?! è chiaro che si fuma per il bisogno di nicotina! Questo è un documento PM, da questo grafico si può vedere che più ammoniaca si aggiunge al tabacco più sale il rapporto tra catrame e nicotina. NON serve, insomma, aggiungere nicotina, ci sono varietà di tabacco anche manipolato che ne hanno già molta, ma si possono usare sostanze che ne facilitano la fuoriuscita e quindi l'assimilazione, come l'ammoniaca.»

-- Questo documento esce dalle stanze segrete dell'RJR .Si faceva di tutto per scoprire perché la Marlboro vendeva di più. --

«Negli anni 70 la Brown & Williamson e la R.J Reynolds si misero a studiare la Marlboro, scientificamente, perché stava diventando la sigaretta più popolare. e scoprirono l'esistenza del cacao, della liquirizia e dell'ammoniaca... E aggiunsero alle loro sigarette più cacao, liquirizia e ammoniaca. Qui si può vedere che tutti i prodotti Philip Morris che avevano la nicotina che si libera più facilmente nel corpo vendevano di più. E si può vedere che la Winston, per esempio, dove la nicotina si liberava meno facilmente aveva meno fortuna sul mercato.»

-- Un documento che dimostra prima di tutto che le industrie del tabacco sapevano, e sanno, dell'importanza della nicotina per le loro tasche. --

D: Quando lei era alla Philip Morris aveva trovato un sistema per ridurre i rischi per la salute che non è stato applicato?

R: «Non l'hanno fatto. E' corretto dirlo.»

D: Cosa avrebbero potuto fare?

R: «Tra le sostanze cancerogene tipiche della combustione del tabacco ci sono le nitrosammine.. Si uniscono all'azoto e reagiscono con la nicotina ed altri alcaloidi; l'associazione di queste tre sostanze forma un composto che si chiama "NNK", altamente cancerogeno. Riducendo l'azoto l'nnk non si forma. La tecnologia per farlo esiste, esisteva anche allora, quando io proposi lo studio. Ma loro non lo fecero, perché la ritenevano una procedura troppo costosa!»


Alan Landers, che per molti anni è stato il modello per gli spot pubblicitari delle sigarette Winston, racconta la sua storia di fumatore che poi si è ammalato (due volte di cancro al polmone e di infarto) nel sito http://www.tangled.com/winstonman/. Oggi Alan Landers dedica gran parte della sua vita incontrando i giovani degli Stati Uniti e di tutto il mondo per fare prevenzione raccontando la sua esperienza. Per chiunque volesse contattarlo: E-mail: WINSTONMAN@webtv.net

Joseph Cherner è il fondatore del comitato SMOKEFREE EDUCATIONAL SERVICES, INC. che ha sede a N.Y. e che rapprensenta una delle più agguerrite associazione antitabacco.
http://www.smokescreen.org, E-mail: Smokefree@usa.net


"la lotta contro certe droghe" (zhora.it/droga.htm)