OSSERVATORIO
SUL TABACCO
n° 13 - Aprile 2002
|
La
misurazione in tempo reale del particolato fine prodotto da fumo di
sigaretta negli ambienti indoor: risultati di uno studio pilota
Giovanni Invernizzi,1 Ario Ruprecht,2
Roberto Mazza,3 Edoardo Majno,3 Edoardo Rossetti3,
Paolo Paredi,4 Roberto Boffi3
1 Task Force contro il fumo, Società italiana di medicina
generale
2 TECNIC, Tecnologie analisi polveri sas, Milano
3 Istituto senza fumo, Istituto nazionale per lo studio e la
cura dei tumori, Milano
4 Respiratory Unit, Brompton Hospital, Londra
|
Una nuova tecnologia laser
permette di analizzare in continuo la concentrazione del particolato
nell'aria ambiente per mezzo di strumenti portatili e consente di
quantificare facilmente le polveri fini prodotte dal fumo di tabacco
liberato negli ambienti indoor. In questo studio pilota abbiamo
esaminato la concentrazione di polveri sospese totali (TSP) e delle
polveri fini PM10, PM7, PM2,5 e PM1
che si liberano nell'aria di una stanza a seguito dell'accensione di una
singola sigaretta, e quella rilevata in un locale pubblico dotato di
aree indipendenti riservate fumatori/non-fumatori. I risultati ottenuti
confermano la fattibilità di questo tipo di indagini osservazionali
"sul campo". Le concentrazioni di particolato indoor dovute al
fumo di sigaretta sono molto elevate, superiori di alcuni ordini di
grandezza ai limiti di legge per l'outdoor. Questo tipo di analisi
permetterà di riconoscere e apprezzare con tutta evidenza uno dei
fattori di rischio più diffusi a cui gran parte della popolazione è
involontariamente esposta ogni giorno.
Secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il
particolato fine (particulate matter, PM) disperso nell'aria ambiente è
responsabile di circa 500.000 decessi all'anno su base mondiale1
. Un eccesso di particolato di diametro inferiore a 10 micron (PM10)
nell'ambiente outdoor è associato a un aumento della mortalità
soprattutto a carico delle patologie polmonari e cardiache. In questo
lavoro presentiamo i risultati di rilevazioni del particolato fine
disperso dal fumo di sigaretta in una situazione sperimentale e
osservazioni sul campo effettuate in un ambiente pubblico in una
situazione di normale attività quotidiana.
I rilievi nel locale pubblico sono stati effettuati all'interno di un
ristorante nel mese di ottobre 2001, situato nella zona centrale della
città di Milano. Il locale, con una capacità complessiva di circa 80
persone, è suddiviso in due ampie sale di 270 m3 e 300 m3,
rispettivamente per fumatori e non-fumatori, separate fisicamente (sono
dotate di due ingressi separati) da una zona centrale di ricevimento e
buffet freddo di 110 m3. Entrambe le sale hanno impianto di
aerazione indipendente. La cucina si trova decentrata e dotata anch'essa
di impianto di aerazione indipendente. Le condizioni climatiche erano
buone, con clima leggermente ventilato, la temperatura esterna di 25°C,
con 60% di umidità relativa. Le misure sono iniziate con locali vuoti,
che si sono progressivamente riempiti fino alla loro massima capacità
dopo un'ora dall'apertura. Il numero di sigarette accese nella sala
fumatori variava da una a un massimo di 5-6 sigarette
contemporaneamente.
E' stato analizzato l'andamento della concentrazione delle polveri fini
in una stanza di 30 m3 di volume prima e dopo il fumo di una
sigaretta. In condizioni basali, con locale vuoto, i valori risultavano
stabili fino al momento in cui veniva accesa la sigaretta all'interno
(ore 11.35). Dopo pochi minuti dalle prime boccate si registrava un
incremento delle polveri fini, con un picco di oltre 5.300 µg/m3,
rappresentato in massima parte da PM2,5. In tabella 1 sono
riportati in dettaglio i valori registrati. La differenza tra i valori
registrati nei due intervalli risultava statisticamente significativa (p
< 0,05 test t di Student) per ogni specie di particolato studiata.
Altri dati riguardano invece la concentrazione delle polveri rilevata
nelle due diverse aree dedicate del ristorante. Le rilevazioni sono
state effettuate tra le ore 19.45 e le ore 23.55. L'analizzatore di
polveri è stato situato inizialmente nella zona non-fumatori, quindi
trasportato nella zona fumatori e infine riportato nell'area
non-fumatori, senza interrompere le registrazioni. A partire
dall'apertura alle ore 19.45, la concentrazione delle polveri nel locale
non-fumatori rappresentava la situazione outdoor di una zona molto
trafficata della città, con valori di PM10 tra 50 e 100 µg/m3.
Dopo circa 30' si assisteva ad ampie fluttuazioni di particolato totale,
in concomitanza con l'inizio delle attività di ristorazione, mentre
minori variazioni si verificavano per le altre frazioni. In tabella 2
sono riportati in dettaglio i valori registrati. I valori di picco nella
sala non-fumatori dalle ore 19.45 alle ore 21.35 risultavano di 218 µg/m3,
149 µg/m3, 119 µg/m3, 94 µg/m3 e 62
µg/m3 per TSP, PM10, PM7, PM2,5 e PM1, rispettivamente. I
valori medi (errore standard) nello stesso periodo di registrazione sono
stati i seguenti: 199 (23) µg/m3, 122 (12) µg/m3,
87 (6) µg/m3, 61 (2) µg/m3 e 31 (1) µg/m3
per TSP, PM10, PM7, PM2,5 e PM1,
rispettivamente.
In sintesi, la mancanza di normative precise negli ambienti di lavoro
pubblici e privati provoca un'esposizione praticamente universale al
fumo passivo, mentre è dimostrato che l'applicazione di una smoking
policy efficace e condivisa, come avviene da qualche anno negli USA, può
portare alla creazione di oltre il 70% di ambienti di lavoro smoke-free.3
Le rilevazioni dell'inquinamento indoor da particolato fine causate da
fumo di sigaretta rivestono un aspetto importante nella comprensione del
fumo ambientale di tabacco come fattore di rischio. I risultati ottenuti
con l'analizzatore di massa di particolato sospeso, operante sul
principio di diffrazione laser, dimostrano la fattibilità di un
monitoraggio ambientale in tempo reale. La facile trasportabilità dello
strumento e la sua affidabilità permettono di analizzare in dettaglio i
carichi di esposizione al particolato indoor. Le osservazioni "sul
campo" che abbiamo effettuato dimostrano la notevole massa di
particolato fine (costituito in prevalenza da PM2,5) che una
singola sigaretta è capace di liberare nell'ambiente: si possono
raggiungere concentrazioni molto superiori a quelle consentite per legge
nell'ambiente outdoor.
I dati raccolti all'interno del ristorante autorizzano ad alcune
considerazioni pratiche sulla smoking policy nei locali pubblici:
- la presenza di impianti di aerazione e filtrazione anche di ottima
qualità e potenza non sono in grado di depurare le polveri fini e
ultrafini (PM2,5 e PM1) generate dal fumo di
sigaretta (l'efficacia di captazione della maggior parte dei filtri
attualmente in commercio si riduce notevolmente per particelle sotto ai
3-5 micrometri di diametro come quelle generate dalle sigarette);
- nelle sale fumatori - che gli avventori scelgono deliberatamente a
differenza dei dipendenti del locale - le concentrazioni di PM10
raggiungono valori superiori di alcuni ordini di grandezza rispetto alle
normative di legge per l'outdoor;
- la separazione fisica del locale non-fumatori con impianto di
aerazione indipendente sembra abbastanza efficace nel preservare
l'ambiente dedicato ai non-fumatori dall'inquinamento da fumo passivo.
Tenuto conto che nel nostro paese il numero di locali pubblici di
ristorazione e di uffici dotati di aree separate per non-fumatori con
aerazione indipendente è modestissimo, si deve dedurre che un gran
numero di cittadini viene quotidianamente esposto ad alte concentrazioni
di particolato fine per periodi di tempo variabili da frazioni di ora a
parecchie ore.
I dati presentati, in conclusione, dimostrano la presenza di
concentrazioni molto elevate di particolato fine da fumo di sigaretta
negli ambienti pubblici abitualmente frequentati dai cittadini. La
tecnologia utilizzata offre la possibilità di una misura attendibile
della salubrità degli ambienti di lavoro, introducendo un ottimo
indicatore dell'efficacia delle politiche aziendali di difesa della
salute: il diritto del pubblico e dei non fumatori va tutelato
escludendo il fumo dagli ambienti di lavoro e controllando anche che gli
attuali sistemi di aerazione, spesso non in grado di filtrare il
particolato più sottile prodotto dalla combustione del tabacco, non si
limitino ad aspirarlo nelle "zone fumatori" più o meno
clandestine per poi distribuirlo in tutti gli ambienti. L'utilizzo di
una stessa misura per comparare l'inquinamento indoor e outdoor permette
anche di mettere in discussione uno dei principali bias difensivi
utilizzati dai fumatori nell'indicare nell'inquinamento outdoor la
principale fonte di morbimortalità ambientale. La dimostrazione che una
sigaretta in un ufficio è in grado di superare di molte volte la soglia
di pericolosità stabilita per traffico e riscaldamento cittadino
sottolinea infatti la necessità di combattere l'inquinamento in tutte
le sue forme senza "zone franche" psicologiche, politiche o
economiche.
La disponibilità della nuova tecnologia di rilevazione con strumenti
portatili capaci di registrare in continuo le concentrazioni di polveri
fini permetterà di realizzare studi epidemiologici in grado di valutare
con precisione il rischio per la salute causato da questo tipo di
inquinante. Un prototipo di "dosimetro" ambientale
tecnologicamente avanzato per polveri fini e altri inquinanti è stato
presentato recentemente, e rappresenta un metodo di monitoraggio
personale particolarmente accurato, indispensabile per studi di
correlazione clinica sul campo.4
Figura1. Concentrazioni indoor (µg/m3)
delle polveri in un ufficio di 30 m3 provvisto di aerazione:
effetto del fumo di una sigaretta all'interno del locale (la freccia
indica il momento dell'accensione della sigaretta).
Intervallo |
TSP
|
PM10
|
PM7
|
PM2,5
|
PM1
|
basale
(ore 11,15-11,35) |
120 (8)
|
107 (7)
|
91 (5)
|
43 (1)
|
24 (0,6)
|
dopo
sigaretta(ore 11.35-12,40) |
2.285 (793)
|
2.181 (778)
|
2.065 (765)
|
1.836 (755)
|
338 (65)
|
valori
picco |
5.310
|
5.140
|
4.975
|
4.657
|
434
|
Tabella 1.
Rilevazione del particolato prodotto dal fumo di una sigaretta in un
ufficio di 30 m3 provvisto di aerazione. I valori sono
espressi in µg/m3 come medie (ES).
Figura 2. Concentrazioni delle polveri
indoor in aree non-fumatori / fumatori indipendenti di un locale di
ristorazione. I valori sono espressi in µg/m3.
Intervallo |
TSP
|
PM10
|
PM7
|
PM2,5
|
PM1
|
medie
ore19.45-21.35 |
199 (23)
|
122 (12)
|
87 (6)
|
61 (2)
|
31 (1)
|
medie
ore 23.15- 23.55 |
176 (10)
|
112 (5)
|
94 (3)
|
64 (0,9)
|
36 (0,3)
|
valori
picco |
218
|
149
|
119
|
94
|
62
|
Tabella 2. Rilevazione del particolato
nell'area non-fumatori. I valori sono espressi in µg/m3 come
medie (ES).
Intervallo |
TSP
|
PM10
|
PM7
|
PM2,5
|
PM1
|
medie
ore21.45-23.05 |
302 (16)
|
230 (16)
|
200 (19)
|
189 (23)
|
138 (20)
|
valori
di picco |
391
|
319
|
291
|
293
|
221
|
Tabella 3.
Rilevazione del particolato nell'area fumatori. I valori sono espressi
in µg/m3 come medie (ES).
|
Bibliografia |
1. UN
Environment Program and WHO Report. Air pollution in the world's
megacities. A Report from the UN Environment Programme and WHO.
Environment 1994; 36: 5-37.
2. Ministero per l'Ambiente. Relazione
sullo Stato dell'Ambiente 2001. 2001, 350.
3. BRFSS Coordinators. State-Specific
Prevalence of Current Cigarette Smoking Among Adults and the Proportion
of Adults Who Work in a Smoke-Free Environment -United States, 1999.
MMWR 2000; 49: 978-82.
4. Chang LT, Suh HH, Wolfson JM et al.
Laboratory and field evaluation of measurement methods for one-hour
exposure to O3, PM2.5 and CO. J Air & Waste Manag Assoc 2001; 51:
1414-22.
Per saperne di più:
G. Invernizzi, A. Ruprecht, R. Mazza, E. Majno,
E. Rossetti, P. Paredi, R.Boffi, La misurazione in tempo reale del
particolato fine prodotto da fumo di sigaretta negli ambienti indoor:
risultati di uno studio pilota. Epidemiologia & Prevenzione anno 26 (1)
gennaio-febbraio 2002.
|
|
Un'amara vittoria:
il tribunale riconosce il fumo passivo come causa di morte
di Milena
Calati
Una sentenza (Tribunale di Milano,
G.I.P. Dott. Walter Saresella, 1 Marzo 2002) senza precedenti per il
nostro paese.
La causa, intentata contro due dirigenti di una nota banca milanese, si
è conclusa con la sentenza che ha riconosciuto responsabili i due
uomini per omicidio colposo.
La vittima, una giovane donna affetta da asma allergico cronico fin
dall'infanzia, era soggetta a frequenti riacutizzazioni che avevano
portato al riconoscimento dell'invalidità civile nella misura del 45%.
Assunta come invalida, la giovane era stata assegnata al centralino
situato in un luogo costantemente esposto al fumo dei colleghi. La donna
aveva più volte espresso le proprie lamentele per il fastidio che il
fumo arrecava e aveva chiesto ai due imputati di essere spostata da
quella postazione o che il fumo fosse vietato. L'azienda nelle persone
dei due dirigenti non aveva provveduto nemmeno dopo la presa visione del
certificato medico presentato dalla ragazza.
Nel settembre del 1999 la vittima è morta durante la pausa pranzo in
seguito ad un attacco di asma. Il tribunale ha riconosciuto il fumo di
tabacco come concausa che ha determinato la morte della dipendente e ha
così condannato i due dirigenti a tre mesi con la condizionale.
La perizia di parte civile che ha contribuito a questa sentenza è stata
prodotta dal Dott. Giovanni Invernizzi (SIMG) e dal Dott. Roberto Boffi
(Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano).
La decisione del Giudice per le Indagini Preliminari ha un'importanza
fondamentale per la lotta contro il tabacco e per la sicurezza e la
salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Le aziende sono oggi più
che mai responsabili dei danni indotti dal fumo ancora
"tollerato" in ambiente di lavoro. E sappiano che potranno
essere trascinate in giudizio per questo.
Anche se il prezzo pagato per questo, una vita umana, è stato un prezzo
troppo alto.
|
|
La perizia
in dettaglio
Di Giovanni Invernizzi e Roberto Boffi
M.C., di 35 anni, impiegata di una grande banca milanese, era deceduta
il 6 settembre 1999 alle ore 15.20 presso il Pronto Soccorso
dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano con diagnosi di "Decesso
per insufficienza respiratoria acuta".
I periti di parte civile (Dr. G. Invernizzi e Dr. R. Boffi) sono stati
incaricati dagli avvocati della famiglia della giovane donna di
effettuare una relazione di Consulenza Tecnica in ordine alle cause e
alle circostanze della sua morte. In particolare gli avvocati difensori
della famiglia di M.C. avevano richiesto ai consulenti tecnici di
individuare se l'esposizione al fumo passivo sul luogo di lavoro poteva
considerarsi una concausa dell'accaduto.
Sulla base delle risultanze cliniche, necroscopiche e istologiche la
causa di morte era stata individuata in un'"acuta insufficienza
respiratoria in stato di male asmatico in soggetto affetto da
poliallergia". In particolare la presenza di tappi di muco
endobronchiale, accompagnati dalla sovradistensione alveolare e
l'infiltrato eosinofilo peribronchiale stavano a testimoniare la fase di
riacutizzazione dell'asma, mentre l'iperplasia della muscolatura liscia
e delle ghiandole mucose e la concomitante angiogenesi rappresentavano
la cronicità di una forma asmatica presente da anni. Nelle vie aeree
era stato inoltre riscontrato materiale alimentare. Dalla cartella
clinica del medico curante, che datava a partire dal 1980, risultava che
la defunta era affetta da asma bronchiale cronica. Le crisi d'asma si
erano presentate sin dall'infanzia, ed era stata riscontrato uno stato
atopico, con sensibilizzazione a numerosi allergeni respiratori ed
alimentari, documentata da prove allergologiche cutanee e dal RAST.
Numerose erano le segnalazioni in cartella di episodi asmatici, alcuni
dei quali notturni. Gli episodi asmatici risultavano più frequenti nei
mesi primaverili, in corrispondenza della pollinazione, ma erano
registrate prescrizioni di cicli di terapia antiasmatica anche nei mesi
autunnali, compatibili con un'allergia agli acari. In particolare nel
mese di settembre del 1992 (co-stagionale con la data del decesso)
risultava una prescrizione di cortisone a dose piena. Nel maggio 1996 vi
era poi traccia di una prescrizione di un altro tipo di steroide
sistemico, e nel giugno dello stesso anno vi era stato un ricovero
d'urgenza per "edema palpebrale", in cui la defunta è stata
trattata con cortisonici e.v. Nel luglio 1998 ancora un ricorso a
cortisonici sistemici, e la giovane donna era risultata ancora sibilante
alla visita dal medico di famiglia del giugno 1999, che aveva prescritto
un ulteriore farmaco antiasmatico.
Le prove spirometriche, effettuate in occasione degli accertamenti
medico-legali per determinare il grado di invalidità, dimostravano la
presenza di un quadro di ostruzione lieve-moderato. Tuttavia l'asma da
cui era affetta la giovane donna aveva in sé caratteristiche di
particolare rischio per crisi severe, come la persistenza dei sintomi
nell'intero corso dell'anno, le numerose esacerbazioni specialmente
notturne, il crescente ricorso a cicli di steroidi sistemici nel corso
degli anni, la necessità di terapia subcontinua associata a
broncodilatatori e steroidi inalatori, e il progressivo incremento dell'eosinofilia,
passata dal 5,2% del 1986 al 17,5% del 1997. Per tale patologia la
defunta, nel 1993, aveva infatti ricevuto il riconoscimento di
un'invalidità con riduzione della capacità lavorativa del 75%, ridotta
al 46% nel 1999.
In questo quadro precario caratterizzato da esacerbazioni di asma
ingravescente si era innestata l'esposizione al fumo passivo
sull'ambiente di lavoro a partire dal 20/5/99, determinata dal
trasferimento della defunta alla reception della banca. In quell'area,
giudicata in seguito inidonea dall'Ispezione della UOPSAL della ASL Città
di Milano a causa di un ricambio d'aria insufficiente, stazionavano
quotidianamente i colleghi fumatori durante i momenti di pausa, come
riferito da alcune testimonianze. La defunta si era lamentata del fumo
passivo che era costretta a subire, e aveva chiesto il trasferimento in
ambiente più idoneo ai responsabili della banca e ai rappresentanti
sindacali, allegando, a breve distanza dal trasferimento, un certificato
del medico curante che sottolineava il rischio particolare
dell'esposizione al fumo passivo nel caso in oggetto.
La revisione della letteratura medica internazionale metteva in evidenza
che la maggior parte dei casi di asma fatale si verifica in soggetti
affetti da asma moderato, con precedenti di esacerbazioni gravi e che
utilizzano steroidi sistemici, e che prevalgono i casi in cui i sintomi
sono presenti da oltre 48 ore dall'evento (spesso fino a 7 giorni) [1].
Una spiegazione viene data anche dalla scarsa percezione che alcuni
pazienti asmatici hanno delle proprie condizioni respiratorie, e che li
portano a sottovalutare la gravità di una crisi [2], sopportando
livelli critici di male senza avvertire un'adeguata sintomatologia [3].
Per quanto riguarda il rapporto tra asma e fumo passivo, mentre
l'impatto negativo del fumo passivo sui bambini asmatici è ben noto da
tempo, gli studi convincenti sulla morbidità nell'adulto asmatico
esposto al fumo passivo sono più recenti. In un lavoro del '98, ad
esempio, l'autore conclude che "l'esposizione al fumo passivo è
associata con un peggioramento dei sintomi respiratori e della funzione
polmonare nei soggetti adulti asmatici" [4]. Più recenti sono i
dati del Sapaldia Study, che ha osservato l'impatto del fumo passivo su
oltre 3.500 soggetti: i risultati dimostrano che, a fronte di una
sostanziale neutralità nei confronti dei soggetti non asmatici, il fumo
passivo condiziona negli asmatici un peggioramento della funzionalità
respiratoria statisticamente significativo, e particolarmente marcato
nel sesso femminile [5]. L'iper-reattività bronchiale, alla base delle
esacerbazioni dell'asma, si manifesta con un'aumentata sensibilità agli
irritanti non specifici presenti nell'aria inalata. Un aumento delle
immunoglobuline E, a sua volta, può essere determinato dall'inalazione
di fumo passivo e comportare un aumento dell'iper-reattività bronchiale
[6,7]. L'aumento delle IgE è inoltre un fattore di rischio per asma
indipendentemente dalla presenza di allergia [8].
Un altro aspetto dell'iper-reattività bronchiale è il suo legame con
il danno ossidativo: le sostanze in grado di indurre stress ossidativo,
come il fumo, aumentano l'iper-reattività bronchiale [9], e la
dimostrazione del controllo dell'iper-reattività da parte di geni che
codificano per la capacità antiossidante ne è la controprova [10].
Il quesito della Procura della Repubblica di Milano ai periti tecnici
riguardava l'eventuale ruolo concausale dell'esposizione al fumo passivo
unitamente alle inidonee condizioni del luogo di lavoro nel determinare
la morte di M.C. Il documento dei periti di parte civile, depositato
l'11/4/2001, conclude che "la causa della sua morte è stata una
crisi di insufficienza respiratoria acuta in stato di male asmatico, in
soggetto poliallergico. L'asma cronica ingravescente, associata allo
stato di reattività allergica a pollini, polveri e alimenti, avevano
determinato un quadro di reattività respiratoria molto precaria.
L'esposizione al fumo passivo sul luogo di lavoro e la non idoneità del
posto di lavoro stesso sono da considerarsi una concausa nel quadro di
deterioramento di un terreno patologico asmatico, caratterizzato da
particolare precarietà clinica, e della sua evoluzione fatale".
Dr. Giovanni Invernizzi
Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica
Task Force per il Controllo del Fumo - SIMG (Società Italiana di
Medicina Generale), Sondrio
Dr. Roberto Boffi
Specialista in Malattie dell'Apparato Respiratorio
Ambulatorio per i Danni da Fumo - Istituto Nazionale per lo Studio e la
Cura dei Tumori, Milano
Bibliografia.
[1] Turner MO, Noertjojo K, Vedal S, Bai T,
Crump S, Fitzgerald JM. Risk factors for
near-fatal asthma. A case-control study in hospitalized patients
with asthma. Am J Respir Crit Care Med 1999; 159:1355-6.
[2] Rabe KF, Vermeire PA, Soriano JB, Maier
WC. Clinical management of asthma in 1999: the Asthma Insights
and Reality in Europe (AIRE) study. Eur Respir J 2000; 16:802-7.
[3] Hessel PA, Mitchell I, Tough S, Green FH,
Cockcroft D, Kepron W, Butt JC. Risk factors for death from
asthma. Prairie Provinces Asthma Study Group. Ann Allergy Asthma
Immunol 1999; 83:362-8.
[4] Coultas DB. Passive smoking and risk of adult asthma and COPD:
an update. Thorax 1998; 53:381-7.
[5] Kunzli N, Schwartz J, Stutz EZ,
Ackermann-Liebrich U, Leuenberger P. Association of environmental
tobacco smoke at work and forced expiratory lung function among never
smoking asthmatics and non-asthmatics. The SAPALDIA-Team. Swiss Study
on Air Pollution and Lung Disease in Adults. Soz Praventivmed 2000;
45:208-17.
[6] Sapigni T, Biavati P, Simoni M, Viegi G,
Baldacci S, et al. The Po River Delta Respiratory Epidemiological
Survey: an analysis of factors related to level of total serum. Eur
Respir J 1998; 11:278-83.
[7] Oryszczyn MP, Annesi-Maesano I, Charpin D,
Paty E, Maccario J, Kauffmann F. Relationships of active and
passive smoking to total IgE in adults of the Epidemiological Study of
the Genetics and Environment of Asthma, Bronchial Hyperresponsiveness,
and Atopy (EGEA). Am J Respir Crit Care Med 2000; 161:1241-6.
[8] Beeh KM, Ksoll M, Buhl R. Elevation
of total serum immunoglobulin E is associated with asthma in nonallergic
individuals. Eur Respir J 2000; 16(4):609-14.
[9] Barnes, P J. Reactive oxygen
species and airway inflammation. Free Rad. Biol. Med. 1990; 9:235-43.
[10] Fryer AA, Bianco A, Hepple M, Jones PW,
Strange RC, Spiteri MA. Polymorphism at the Glutathione
S-transferase GSTP1 Locus. A New Marker for Bronchial
Hyperresponsiveness and Asthma. Am J Respir Crit Care Med 2000;
161,1437-42.
Reperibile all'indirizzo: www.medicichecurano.com
|
|
Gli
effetti del fumo passivo in Italia
Di Paolo Crosignani
|
"Impatto sanitario
dell'esposizione a fumo ambientale in Italia", è il titolo
dell'articolo comparso sull'ultimo numero (gennaio-febbraio 2001) della
rivista "Epidemiologia e Prevenzione". Forastiere e
collaboratori della Asl di Roma e della Agenzia di Sanità Pubblica
della Regione Lazio, tracciano per la prima volta un quadro dei danni da
fumo passivo (FP) in Italia. Basso peso alla nascita, morte improvvisa
del neonato, malattie respiratorie nei bambini, tumori polmonari e
malattie ischemiche del cuore sono gli effetti sulla salute che vengono
considerati in questa rassegna. Si tratta delle malattie per le quali
sono disponibili nella letteratura scientifica conoscenze consolidate da
revisioni degli studi pubblicati. Da queste revisioni gli Autori
ricavano il rischio relativo, cioè l'aumento di probabilità di
ammalarsi per chi subisce il fumo altrui. L'altro ingrediente è
rappresentato dalla stima del numero di esposti, che gli Autori ricavano
dalle statistiche dell'ISTAT o da studi di popolazione condotti nel
nostro paese.
Vediamo ciascuna di queste condizioni morbose. Il basso peso alla
nascita (< 2500 grammi) è una condizione predisponente per morbosità
e mortalità in età infantile. Il fumo della madre in gravidanza è un
fattore accertato per questa condizione: i figli di madri fumatrici
hanno un rischio circa doppio di nascere sottopeso. Ma anche il fumo
passivo, sia in casa sia in ambiente di lavoro è associato, in misura
minore ma importante a questa condizione.
La sindrome della morte improvvisa del lattante (detta anche SIDS o
"morte in culla") colpisce, soprattutto tra i due e i quattro
mesi di vita, i bambini apparentemente sani. E' una causa frequente di
morte nel primo anno di vita. Posizione prona durante il sonno, bambino
troppo coperto e fumo della madre durante e dopo la gravidanza sono i
fattori di rischio accertati. La valutazione presentata dagli autori si
riferisce solo alla esposizione al fumo della madre dopo la nascita e
mostra un rischio doppio di morte improvvisa per i bambini nel primo
anno di vita.
Le infezioni respiratorie sono molto comuni nei primi anni di vita. Sono
sia una importante causa di malattia, sia rappresentano una condizione
predisponente per l'instaurarsi di asma e di altri disturbi respiratori
nelle età successive. L'esposizione al fumo di almeno un genitore
comporta un aumento del rischio del 57 %. L'asma consiste in una
aumentata reattività delle vie aeree. I sibili respiratori
rappresentano il segno clinico di questa malattia e sono associati in
maniera convincente in più di uno studio. Questa condizione è anche
associata al fumo della madre in gravidanza che "può provocare
persistente riduzione della funzione polmonare e rallentamento del
successivo sviluppo dell'apparato respiratorio".
L'infiammazione dell'orecchio medio rappresenta una patologia frequente
in età pediatrica. Questa può essere sia acuta che cronica associata a
persistenti secrezioni. Per questa patologia, l'esposizione al fumo di
almeno un genitore comporta un aumento del rischio di circa il 50%.
Passiamo agli adulti. Il tumore del polmone rappresenta il tumore più
frequente nel sesso maschile e si avvia ad esserlo nel sesso femminile.
Si tratta di una patologia di esito infausto. Solo il 9% dei casi
sopravvive dopo 5 anni dalla diagnosi e non esistono interventi di
diagnosi precoce che abbiano sino ad ora dato prova di efficacia. Il
fattore di rischio più importante è il fumo attivo di sigaretta,
responsabile di almeno il 90% dei casi. Anche il fumo passivo, sia
quello del coniuge, sia quello subito in ambiente di lavoro, sono
responsabili di una quota di questi tumori tra i non fumatori. Sono le
donne a subire di più il fumo del coniuge (il 62,4% contro il 14,6%
degli uomini), mentre in ambiente di lavoro la stima del numero di
maschi non fumatori esposti è del 62,4 % contro il 38,5% delle donne.
Queste percentuali sono calcolate su tutti gli italiani, e tengono anche
conto delle differenti percentuali di uomini e donne che lavorano.
L'incremento di rischio associato ad esposizione del coniuge è del 24%,
mentre quello per esposizione in ambiente di lavoro è del 39%. Il
rischio maggiore per l'ambiente di lavoro riscontrato negli studi di
popolazione è spiegato dalla maggior durata di permanenza in ambienti
pieni di fumo ed alla impossibilità, spesso, in ambiente di lavoro di
adottare comportamenti (ad es. cambiare stanza) per limitare
l'esposizione al fumo degli altri. Come già riportato nel numero 2
dell'Osservatorio, è sul negare gli effetti del FP che si sono accanite
le multinazionali del tabacco.
E la storia non sembra finita qui
Ma l'esposizione a FP è anche responsabile di malattie cardiovascolari
ed in particolare della cardiopatia ischemica, condizione morbosa che
esita in infarto, angina e morte improvvisa. Questa condizione è
particolarmente frequente in età anziane e ciò rende ragione delle
stime più elevate di casi per esposizione al fumo del coniuge, valutata
per tutta la vita, rispetto ai casi attribuibili alla esposizione in
ambiente di lavoro, valutata solo tra i 35 e i 65 anni. L'aumento di
rischio, sia da esposizione a fumo del coniuge, sia in ambiente di
lavoro è di circa il 20%. Questo rischio viene "spalmato" sia
sui soggetti non fumatori, sia sugli ex fumatori da più di 5 anni.
Questo panorama, davvero sconvolgente, è riassunto nella successiva
tabella, tratta dal lavoro. Come dicono gli Autori, "I danni delle
esposizione a fumo passivo sul neonato e nei primi anni di vita sono
rilevanti ed altrettanto elevata è la morbosità indotta sull'apparato
respiratorio dei bambini. Tra gli adulti, le donne sono numericamente le
più colpite, specie in ambiente domestico e per patologia
cardiovascolare." Anche l'ambiente di lavoro, come è evidente
dalla tabelle, riveste una grande importanza.
Bambini |
Esito |
Esposizione |
Numero
di affetti (casi per anno) |
%
esposti a FP |
Rischio
relativo |
Casi
da FP |
Basso
peso alla nascita(< 2500 grammi) |
Ambiente
di lavoro durante la gravidanza |
25.597 |
22.7 |
1,38 |
2033 |
Morte
improvvisa in culla |
Fumo
della madre |
516 |
21.7 |
1,94 |
87 |
Infezioni
acute delle basse vie respiratorie (0-2 anni) |
Fumo
di un genitore |
360.583 |
47.6 |
1,57 |
76.954 |
Otite
media |
Fumo
di un genitore |
449.066 |
47.6 |
1,35 |
64.130 |
Adulti |
Tumore
del polmone |
Fumo
del coniuge per soggetto non fumatore |
2.164 |
14,6
M
62,4 F |
1,24 |
221 |
Tumore
del polmone |
Fumo
dei colleghi di lavoro |
2.164 |
62,4
M
38,5 |
1,39 |
324 |
Malattie
ischemiche del cuore |
Fumo
del coniuge per soggetto non fumatore od ex da più di 5 anni |
41.472 |
11,5
M
24,9 F |
1,25 |
1896 |
Malattie
ischemiche del cuore |
Fumo
dei colleghi di lavoro per soggetto non fumatore od ex da più di
5 anni, tra 35 e 64 anni |
4.844 |
27,5
M
18,4 F |
1,21 |
1,21 |
Come leggere
la tabella.
La prima colonna riporta la patologia per la quale viene stimato
l'effetto del FP. La seconda le circostanze in cui avviene l'esposizione
a fumo passivo ed il gruppo di soggetti considerato. La terza il numero
di casi di quella malattia che insorgono ogni anno tra i non fumatori e,
per le cardiopatie, anche tra coloro che hanno smesso di fumare da più
di 5 anni. La quarta riporta la percentuale, stimata mediante inchieste
in popolazione di quanti casi hanno subito quella esposizione. Negli
adulti questa percentuale è divisa tra maschi e femmine. La quinta il
rischio relativo, cioè di quanto aumenta la probabilità di ammalarsi
per la patologia in questione il fatto di essere esposti a FP. Un
rischio di 1,21 significa un 21% di probabilità in più di ammalarsi
tra chi è esposto. Finalmente nell'ultima viene stimato il numero di
casi per anno di quella malattia o condizione morbosa dovuti al FP.
Una nutrita bibliografia, tutta riferita nel testo, completa questo
articolo che merita l'approfondita lettura di tutti coloro che, a vario
titolo, operano in difesa della salute.
L'articolo in esteso, per gentile concessione dell'Editore di
Epidemiologia e Prevenzione, è disponibile sul sito dell'Osservatorio.
Che fare?
Di fronte ad un bimbo che ha problemi respiratori, tutti i pediatri
dovrebbero chiedere ai genitori se fumano in presenza del figlio e di
interrompere questa pessima abitudine. Oltretutto l'avere un genitore
fumatore è per un ragazzo un fattore predisponente perché anch'egli
diventi fumatore.
In famiglia, il coniuge che subisce il fumo dell'altro dovrebbe essere
meno tollerante e cercare una via per farlo smettere. Sul lavoro,
tolleranza zero per chi espone o lascia esporre i lavoratori (vedi la
Guida dell'Osservatorio sul fumo passivo in ambiente di lavoro,
disponibile anche sul sito).
Nelle comunicazioni e nei rapporti sociali, ritenere non più
ammissibili posizioni di tolleranza anche per "bassi livelli"
di esposizione o per chi continua a sostenere che gli effetti sono
ancora da dimostrare o che si tratta addirittura di fandonie.
Per saperne di più:
F. Forestiere, E. Lo Presti, N. Agabiti, E. Rapiti, CA Peducci Impatto
sanitario dell'esposizione a fumo ambientale in Italia Epidemiologia
& Prevenzione anno 26 (1) gennaio-febbraio 2002.
Reperibile ai
siti:
www.istitutotumori.mi.it/int/Osserv_tabacco/Oss_tabacc.asp
www.zadig.it/eprev
|
|
Ma
un ministro non è d'accordo
|
Un ministro della è recentemente
intervenuto alla mailing list "non fumatori", a proposito
della necessità di una nuova legge che regoli il fumo, affermando che
"l'idea che il fumo passivo sia dannosa alla salute non è
confermata da nessuna ricerca scientifica. La persecuzione dei fumatori
ha raggiunto livelli che reputo grotteschi
".
Francamente riteniamo inaccettabile che un ministro della Repubblica si
permetta di fare affermazioni simili proprio durante la sua carica.
L'episodio che apre questo numero dovrebbe essere sufficiente nella sua
gravità.
Mentre aspettiamo una rettifica del ministro, gli consigliamo di
rivolgersi, per ciò che non sa, al Ministero della Salute.
|