Legislazione nazionale e regionale in materia di Tabacco
Dott. Eugenio Sabato – Servizio Pneumotisiologico di Mesagne (BR) AUSL BR/1

La politica sanitaria si orienta sempre più verso la lotta al tabagismo, lo stesso DPR 23 luglio 1998: (Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998-2000) si propone specificatamente di:

1)      Promuovere il rispetto del divieto del fumo nei locali pubblici e negli ambienti di lavoro.

2)      Promuovere l’attuazione di interventi di educazione sanitaria, con particolare riferimento alla popolazione in età scolare, selezionando rigorosamente gli interventi di cui è nota l’efficacia.

3)      Realizzare campagne mirate a promuovere l’interruzione del fumo fra le donne in gravidanza.

4)      Vigilare sulla corretta applicazione dei limiti alla pubblicità diretta e indiretta.

5)       Sostenere azioni volte a favorire la disassuefazione dal fumo, impegnando anche i medici di medicina generale con programmi strutturati di provata efficacia.

6)      Promuovere iniziative volte alla limitazione del consumo di tabacco fra i minori di 16 anni.

La Legislazione Nazionale Italiana già da tempo si è preoccupata di promuovere il divieto del fumo nei locali pubblici e negli ambienti di lavoro e di porre limiti alla pubblicità diretta dei prodotti da fumo.

 

IL DIVIETO DI FUMO

Art.32 della Costituzione (1947): “ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…..”;

art. 41 Cost. :”L’iniziativa privata è libera . Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana……”.

La Costituzione italiana impone la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e stabilisce che l’iniziativa economica privata non deve recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. I datori di lavoro devono quindi prestare la massima attenzione per la protezione della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori.

Art. 2087 del C.C. ( 1942): L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Tale disposizione vale a supplire alle lacune di una normativa che non può prevedere ogni fattore di rischio, ed ha una funzione sussidiaria rispetto a quest’ultima e di adeguamento di essa al caso concreto.

Art.9 del D.P.R.19 marzo 1956, n.303, modificato dall’art. 16 del d.lgs.19 marzo 1996,n.242 :

Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi.

1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo  conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono   sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione (1).

2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere  sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere  segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per   salvaguardare la salute dei lavoratori.

3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di  ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i  lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.

4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un  pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto  all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato  rapidamente (2).

(1) Comma così modificato dall'art. 16, d.lg. 19 marzo 1996, n.  242.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 33, d.lg. 19 settembre 1994,  n. 626.

Il suddetto articolo stabilisce la necessità che i lavoratori “dispongano di aria salubre in quantità sufficiente, anche ottenuta con impianti di aerazione”.

L’Art.9 L.20.05.70 n. 300 Statuto dei lavoratori :Tutela della salute e dell’integrità fisica.

I lavoratori, mediante loro rappresentanze , hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità.

Sancisce il diritto dei lavoratori di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.

La L. 11 Novembre 1975, n. 584 : Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico. ( Vedi allegato 1) ha introdotto per la prima volta il divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico. Rappresenta una tappa importante verso la consapevolezza dei danni del fumo passivo.

a) Il legislatore ha posto un generico e assoluto divieto di fumo nei seguenti locali:

- nelle corsie degli ospedali ; nelle aule delle scuole di ogni ordine e grado ; negli autoveicoli di proprietà dello Stato, di enti pubblici e di privati concessionari di pubblici servizi per trasporto collettivo di persone; ecc.

- nei locali chiusi che siano adibiti a pubblica riunione , nelle sale chiuse di spettacolo cinematografico o teatrale; ecc.

b) Si può ottenere l’esenzione dall’osservanza della legge se è presente un impianto di condizionamento dell’aria o di ventilazione autorizzato dal Sindaco, sentito l’Ufficiale Sanitario.

c) Le sanzioni pecuniarie vanno : da £ 4.000 a £ 10.000 (art.7) per chi viola il divieto. Per chi effettua i controlli: da £ 20.000 a £ 100.000.

- La violazione, quando sia possibile, deve essere contestata immediatamente

- Se il pagamento non avviene si deve presentare rapporto al Prefetto il quale mediante un’ingiunzione prefigge un termine per il pagamento.

- Gli interessati possono fare ricorso al Pretore contro l’ingiunzione ( la sentenza è inappellabile).

D.L. 19 Settembre 1994, n.626: Attuazione delle direttive 89/391/CEE,    89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,  90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. (artt. 33; art.64, lett. b e art.65, comma 2; artt. 1,4,31).

Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali. Il datore di lavoro:…. b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di  avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali <<vietato fumare>>, ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;

Art. 65. Misure igieniche.  2. E’ vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64, lettera b).

La suddetta normativa dispone che il datore di lavoro, “in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva”, deve valutare, anche “nella sistemazione dei luoghi di lavoro” , i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, “adottare le misure necessarie” ,e “aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza” , riaffermando l’obbligo di “adeguare i luoghi di lavoro alle prescrizioni di sicurezza e di salute”.

L’ordinamento ha previsto, inoltre, una tutela di carattere penale. Ai sopra ricordati obblighi del datore di lavoro, corrispondono, infatti, in caso di omissione-violazione delle norme del D.L.vo 626/94, le sanzioni penali dell’arresto fino a sei mesi e quella dell’ammenda fino a otto milioni.

Se il datore di lavoro non predispone il documento di valutazione dei rischi, o lo predispone carente nell’individuazione degli stessi (art. 3 e 4  D.L.vo 626/94), rischia la pena dell’arresto da 3 a 6 mesi o l’ammenda da 3 a 8 milioni. Soggiace alla stessa pena se non adotta le misure di prevenzione e non le aggiorna ai mutamenti organizzativi anche in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione,( per le sanzioni in generale vedi l’art.89 del D.L.vo 626/94).

La Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995: Divieto di fumo in determinati locali della pubblica amministrazione o dei gestori di servizi pubblici. ( Allegato 2) ha sancito il divieto del fumo in determinati locali della pubblica amministrazione o dei gestori di servizi pubblici. La direttiva viene emanata in seguito a due pronunce dei giudici amministrativi che hanno interpretato estensivamente le norme della legge L. n. 584/75.

a) Il divieto di fumo viene esteso a tutte le amministrazioni pubbliche-private in qualche modo esercenti pubblici servizi a titolo di concessione o appalto o convenzione o accreditamento.

b) Quindi il divieto di fumo viene esteso a tutti i locali aperti al pubblico (cioè quello al quale la generalità degli amministrati e degli utenti accede, senza formalità e senza bisogno di particolari permessi negli orari stabiliti- oltre alle scuole e agli ospedali).

c) Pertanto nei locali nei quali si applica il divieto di fumo saranno apposti cartelli con l’indicazione del divieto stesso nonchè l’indicazione della relativa norma, delle sanzioni applicabili, del soggetto cui spetta vigilare sull’osservanza del divieto e dell’autorità cui compete accertare le infrazioni.

d) I Dirigenti devono individuare le persone incaricate di procedere alla contestazione di eventuali infrazioni, di verbalizzare e di riferirne alle autorità competenti. Per i locali privati la segnalazione va rivolta ai pubblici ufficiali ed agenti competenti. (art.13 L.24.11.81 n. 689).

Il rapporto va presentato al Prefetto.

Tale disposizione, tuttavia, deve oggi essere applicata in maniera conforme ai sopravvenuti indirizzi espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 1034 del 27 ottobre 1988.

Il giudice delle leggi ha, infatti, affermato che non spetta allo Stato indicare gli uffici competenti a ricevere il rapporto ex legge n. 689/1981 quando le violazioni siano attinenti a materie di competenza regionale.

In particolare, relativamente al divieto di fumo sui mezzi di trasporto tranviario e delle ferrovie in concessione, nonchè nei locali adibiti allo stesso servizio di trasporto, la sentenza ha precisato che, quando l’infrazione è inerente ad attività affidate, a titolo proprio o di delega alle Regioni a norma dell’art.9 del D.P.R. n.616/1977, la competenza a ricevere il rapporto deve essere imputata agli organi dalla stessa individuati.

Lo stesso principio è stato affermato dalla Corte con riguardo al divieto di fumo nei locali chiusi di cui l’art. 1 della legge n. 584, “quando la proibizione di fumare si riferisce a luoghi, locali o mezzi sui quali si esercita la competenza regionale (come ad esempio, le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, i musei e le biblioteche affidate alle Regioni)….”.

Pertanto il rapporto va inviato alla  Regione  quando la violazione sia stata rilevata:

a) nell’ambito dei servizi di trasporto pubblico rientranti nella competenza regionale;

b) nell’ambito di luoghi, locali o mezzi sui quali le regioni esercitano competenze proprie o delegate; in questa categoria rientrano le strutture sanitarie pubbliche.

c) nell’ambito degli uffici o delle strutture della Regione o delle aziende o istituzioni da essa dipendenti.

Tale interpretazione è stata data dal Ministero dell’Interno con Circolare n. 68 del 2 aprile 1996. Resta da chiarire quali provvedimenti debbano assumere i destinatari del rapporto diversi dal Prefetto in caso di mancato pagamento delle sanzioni.

La sanzione amministrativa prevista dall’art.7 della legge n.584/75 per il trasgressore era quella del pagamento di una somma di danaro da lire 1.000 a lire 10.000.

Per effetto degli artt.10 e 114 della legge n.689/81 le sanzioni amministrative non possono essere inferiori quanto al minimo a lire 4.000, e quanto al massimo a lire 10.000.

La sanzione di cui si tratta è stata, dunque, elevata nel minimo da lire 1.000 a 4.000. ma è rimasta ferma nel massimo all’importo di lire 10.000.

Per completare il quadro sanzionatorio, si ribadisce che l’art.7 della legge n.584/75 prevede una sanzione anche per coloro che sono tenuti a far osservare il divieto e vengono meno a questo  loro dovere, tale sanzione va da lire 20.000 a lire 100.000.

Il funzionario degli uffici pubblici preposto alla vigilanza e all’accertamento dell’infrazione, deve essere dotato degli appositi moduli di contestazione e in caso di trasgressione, procederà a compilare il modulo e a darne copia al trasgressore.

Trascorso inutilmente il termine per il pagamento in misura ridotta - 60 gg.-, il funzionario che ha accertato la violazione presenterà rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni (ex art.17 L n.689/81), al Prefetto (competente ex art.9 L.n.584/75 ),o, come sopra sottolineato, alla Regione;

Nei locali condotti da privati il responsabile della struttura, ovvero il dipendente o il collaboratore da lui incaricato, richiamerà i trasgressori all’osservanza del divieto e curerà che le infrazioni siano segnalate ai pubblici ufficiali ed agenti competenti a norma dell’art.13 della Legge 24 novembre 1981, n. 689 (art. 4, lettera c della Direttiva 14.12.’95 ).

Sul modulo di contestazione devono essere indicate le modalità di pagamento della contravvenzione:

a) si può pagare direttamente al concessionario del servizio di riscossione dell’ente in cui è stata accertata l’infrazione, compilando apposito modulo.

Il codice tributo da indicare è il 131 T che risponde alla voce “sanzioni amministrative diverse da IVA” (V.D.Lvo n.237/97 e relativo allegato ).

Va però inserito anche il codice “ufficio”. Si tratta di un codice che ogni amministrazione pubblica deve avere e che dovrà essere stampato sul verbale di contestazione;

b) si può delegare la propria banca al pagamento sempre utilizzando lo stesso modulo.

c) si può pagare presso gli Uffici Postali  con bollettino di Conto Corrente Postale intestato a Servizio Riscossione Tributi - Concessione di....

Il funzionario che ha accertato l’infrazione non può ricevere direttamente il pagamento dal trasgressore ai sensi delle vigenti leggi.

Corte Cost. Sent. 11-20 dicembre 1996 n. 399 : Salute. Tutela della salute dei non fumatori contro i danni del cosiddetto fumo passivo. Salute dei lavoratori sul luogo di lavoro……..

Anche la Corte Costituzionale è intervenuta a sancire la tutela per la salute dei lavoratori per i rischi derivanti dal fumo.

 Con sentenza n. 399 del 1996 ha affermato che  “se pur non è ravvisabile nel nostro diritto positivo un divieto assoluto e generalizzato di fumare in ogni luogo di lavoro chiuso, non si può disconoscere che nell’ordinamento già esistono disposizioni intese a proteggere la salute dei lavoratori da tutto ciò che è atto a danneggiarla, ivi compreso il fumo passivo”.

La sentenza afferma che se alcune norme prescrivono legislativamente il divieto assoluto di fumare in speciali ipotesi ciò non esclude che “da altre disposizioni discenda la legittimità di analogo divieto con riguardo a diversi luoghi e secondo particolari circostanze concrete” ,e che “è inesatto ritenere, comunque, che altri rimedi voluti dal vigente sistema normativo siano inidonei alla tutela della salute dei lavoratori anche rispetto ai rischi del fumo passivo”.

     La Corte Costituzionale individua , quindi, negli art. 32 e 41 della Costituzione, nell’art. 2087 del c.c., negli art. 1, 4, e 31 del D.L.vo n. 626/94, nonchè nell’art. 9 del D.P.R. n. 303/56, come modificato dall’art. 16 del D.L.vo n. 242/96, ed infine nell’art. 9 della L. n. 300 del 1970 cui si collegano gli art.18 e 19 del D.L.vo N.626/94 già citato, le norme che apprestano una tutela per la salute dei lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro, anche dai rischi che ad essi possono derivare dal fumo passivo.

La sentenza  sancisce quindi :

·      la tutela della salute dei non fumatori contro i danni del cosiddetto fumo passivo,

·      la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro,

·      il divieto di fumare nei luoghi di lavoro chiusi,

·      la assoluta esigenza di non ledere, né porre a rischio, la salute altrui e il diritto del lavoratore a chiamare il datore di lavoro innanzi al giudice per l’accertamento di eventuali responsabilità.

Dall’esame della legislazione sul divieto di fumo si ricavano le seguenti conclusioni:

·      In tutti i luoghi di lavoro deve essere garantita la salubrità dell’aria e qualsiasi pericolo per la salute dei lavoratori derivante dall’inquinamento dell’aria - ivi compreso il fumo - deve essere eliminato

·      il diritto alla tutela della salute deve prevalere sulla libertà di fumare

·      i datori di lavoro devono attivarsi per verificare se in concreto la salute dei lavoratori sia adeguatamente tutelata e per individuare possibili interventi( creazioni di ambienti riservati ai fumatori, impianti di areazione, cartelli di divieto).

E’ importante sottolineare la natura precettiva delle norme, la responsabilizzazione del lavoratore ma soprattutto del datore di lavoro e l’importanza del ruolo della Regione anche come destinataria dei rapporti sulla violazione del divieto di fumo riferiti alle strutture del S.S.N.. Ciò  ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione i quali delegano alle Regioni i compiti relativi alla assistenza sanitaria ed ospedaliera.

Purtroppo va constatata una frequente disapplicazione dei divieti imposti dalla legge.

 

DIVIETO DI PUBBLICITA’

 

Per quanto concerne il divieto di pubblicità dei prodotti da fumo, il diritto alla libertà di pensiero trova un contrappeso nella esigenza di tutela della salute.

L.10/4/62 n.165: Divieto della propaganda pubblicitaria di prodotti da fumo.

DL 10/01/1983 Num.4 :Regime fiscale degli apparecchi di accensione, variazione  delle relative aliquote di imposta di fabbricazione, disposizioni   sulla reggenza degli uffici dell'Amministrazione autonoma dei  monopoli di Stato e modifiche delle sanzioni per le violazioni al divieto di pubblicità ai prodotti da fumo.

Le suddette normative stabiliscono il divieto di propaganda pubblicitaria diretta dei prodotti da fumo.

Le L.29.12.1990 n. 428 ( Legge comunitaria per il 1990) e L.22.2.1994 n. 146 (Legge comunitaria 1993 ): dettano norme in materia di confezionamento e etichettatura dei prodotti da fumo.

Molto significativa è la Deliberazione Consiglio  Ministri della Sanità dell’Unione Europea 4.12.1997 adottata dal Parlamento Europeo con Direttiva 98/43/CE del 6 luglio 1998 (concernant le rapprochement des dispositions législatives, réglementaires et administratives des E’tats membres en matiére de pubblicité et de parrainage en faveur des produits du tabac.) con l’obiettivo di eliminare tutte le pubblicità del tabacco nell’U.E.

PUNTI CHIAVE DELLA DIRETTIVA DELL’UNIONE EUROPEA SULLA PUBBLICITA’ DEL TABACCO:

·      Tutti i tipi di pubblicità, diretta e indiretta (comprese le sponsorizzazioni), di prodotti a base di tabacco saranno proibiti nell’Unione Europea con piena e definitiva entrata in vigore di tutti i provvedimenti entro il 1° ottobre 2006.

·      Tutti gli Stati membri devono introdurre una legislazione nazionale, entro tre anni dalla pubblicazione della Direttiva sulla Gazzetta Ufficiale.

·      Tutte le pubblicità diffuse attraverso la carta stampata dovranno cessare entro l’anno successivo.

·      Le sponsorizzazioni ( eccetto quelle per la Formula 1, vedi punto 4 ) dovranno cessare entro l’anno successivo.

·      Le sponsorizzazioni di eventi internazionali- come i gran premi di Formula 1 - potranno continuare per al massimo altri tre anni; ma dovranno comunque cessare entro il 1° ottobre 2006. Durante la fase transitoria ci dovranno essere delle riduzioni di tutti i supporti dati da queste sponsorizzazioni, e anche delle limitazioni volontarie per ridurre la visibilità della pubblicità del tabacco.

·      Le informazioni sui prodotti sono consentite nei luoghi dove vengono venduti e le pubblicazioni di carattere commerciale circa il tabacco possono contenere pubblicità di questi prodotti.

·      La distribuzione gratuita di sigarette, o altri prodotti a fini promozionali, è proibita.

·      Gli Stati Membri sono liberi di mantenere o introdurre ulteriori provvedimenti rispetto a quelli richiesti dalla Direttiva.

I limiti di tale quadro normativo sono costituiti dalla scarsa portata precettiva. Tuttavia è importante che sia affrontata seriamente la gravità del problema delle sponsorizzazioni sportive.

Esse raggiungono il mercato dei giovani in maniera diretta in quanto associano il fumo con attività e immagini popolari e salutari.

Peraltro la natura internazionale degli eventi sponsorizzati permette raggiri dei bandi nazionali della pubblicità del fumo.

 

ALTRE LEGGI

Un accenno va fatto pure alla legislazione sul MONOPOLIO DI STATO le cui funzioni sono state attribuite all’Ente Tabacchi Italiani istituito con decreto legislativo 09.07.98 n.283.

L.17.7.1942 n. 907 e  modifiche successive: Legge sul monopolio (dei sali ) dei tabacchi. Tale legislazione giustifica:

- il limite della libera commercializzazione solo nelle rivendite autorizzate,

- la lotta alla importazione clandestina di Tabacco Lavorato Estero e

- i prezzi sostenuti (che si potrebbero ulteriormente aumentare)

L 10/12/1975 Num.724 : Disposizioni sull'importazione e commercializzazione all'ingrosso dei tabacchi lavorati e modificazioni alle norme sul contrabbando di tabacchi esteri.

Questa legge regola l’importazione e commercializzazione all’ingrosso dei T L E di provenienza dai paesi della Comunità Economica Europea e stabilisce che i prodotti possono essere introdotti solo in depositi  di distribuzione all’ingrosso autorizzati e che la  vendita al pubblico può avvenire solo attraverso rivendite e patentini.

 

A proposito di vendita di tabacco va sottolineato che nel nostro ordinamento già esiste il divieto di vendita di tabacco ai minori.

Esso è sancito dall’Art. 730 cpv C.P. (R.D. 1930 n. 1398) : (Somministrazione a minori di sostanze velenose o nocive) “….Soggiace all’ammenda fino a lire duecentomila che vende o somministra tabacco a persona minore degli anni quattordici.” 

Art. 25 R.D. 24.12.1934 n. 2316 (testo unico leggi protezione ed assistenza maternità e infanzia) : Fermo il disposto dell’art.730, capoverso, del codice penale, chi vende o somministra tabacco a persona minore degli anni sedici è punito con (l’ammenda) sanzione amministrativa sino a lire quarantamila.

E’ vietato ai minori degli anni sedici di fumare in luogo pubblico sotto pena (dell’ammenda) della sanzione ammnistrativa di lire quattromila.

Tale normativa è stata spesso invocata per eliminare i distributori automatici di tabacco (L.8/8/1977 n. 556 ; R.D. 1941 n. 577, L.1957 n. 1293, DPR 1958 n. 1074 ) ma la giurisprudenza ha sempre ritenuto la irrilevanza della questione, in considerazione della non punibilità del tentativo nei reati contravvenzionali.

 

In tema di divieto di fumo si potrebbe rivalutare anche la legge 22/12/1975 n. 685 : Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope . Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicopendenza.

La giurisprudenza si è già espressa nel 1983 affermando che “è manifestamente infondata con riferimento agli art. 2 e 3 Cost. la questione di legittimità costituzionale della l.22 dicembre 1975 n. 685 nella parte in cui si puniscono la detenzione e lo spaccio dei derivati della cannabis indica, mentre non sono perseguite le analoghe condotte relative all’alcool ed al tabacco. Infatti il legislatore non ha fatto uso arbitrario del potere discrezionale nella valutazione della pericolosità della droghe ed ha ragionevolmente apprezzato, nell’attuale contesto storico, l’entità del danno derivante dall’uso degli alcoolici e del tabacco, limitando l’inibizione a determinate attività (es. ubriachezza manifesta, vendita di tabacco e vini, propaganda di prodotti da fumo ecc.)”(Cassazione penale, sez.11, 23 marzo 1983).

Va tuttavia osservato che gli attuali contesti storici e le recenti conoscenze scientifiche sui rischi del fumo e sulla dipendenza dalla nicotina, giustificherebbero una diversa valutazione.

 

LEGISLAZIONE REGIONALE

La legislazione regionale non si è invece molto occupata finora del fumo.

Merita un cenno le legge regionale 7 agosto 1996 n.65 “ Norme in materia di tutela della salute contro i danni derivati dal fumo”. G.U. 18.1.97 n.3 serie speciale 3 B.U. Toscana 13.08.96 n.65 cat.9 che estende:

-          il divieto a tutti i locali chiusi utilizzati a qualunque titolo dalla regione dall’azienda e dagli enti regionali.

-          Il divieto vale pure per i luoghi chiusi quando viene avanzata richiesta da uno dei lavoratori.

Vengono stabilite:

-          Sanzioni gravi i cui proventi sono destinati a finanziare attività di educazione ed informazione con sanzioni aggravate nel caso in cui l’infrazione provenga da coloro che sono preposti al controllo (Direttori Generali o dipendenti incaricati).

Importanti spunti di riflessione emergono pure nella Deliberazione della Giunta Regionale 26.05.99 n.785 : Progetto Regionale Tabagismo in B.U. Emilia Romagna 13.07.99 parte II n.57;

-          include la lotta al tabagismo tra le aree di attività dei dipartimenti per le dipendenze patologiche in un’ottica di integrazione con il sistema dei SERT;

-          prevede interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria del tabagismo e dei problemi fumo-correlati ( campagne di informazione, centri antifumo);

-          stabilisce linee guida per la stesura di un regolamento aziendale per l’applicazione della normativa antifumo in tutti i locali delle aziende sanitarie ( si prevede invio del processo di contravvenzione al Sindaco per l’irrogazione della sanzione).